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La regolamentazione dei servizi tecnico nautici

*Estratto dal volume "La regolazione dei servizi tecnico-nautici" di Sergio Maria Carbone, Francesco Munari, Fabio Gobbo, Cesare Pozzi Edito da Il Sole 24 ore S.p.A.


La disciplina dei servizi tecnico-nautici nella L. n. 84/94: l’art. 14

Ferma l’ottica sicuramente avanzata della L. n. 84/94, si tratta di vedere quali modifiche essa ha determinato sui servizi tecnico-nautici. Invero, essi in prima battuta non erano stati affatto interessati dalla riforma. L’unica norma rilevante al riguardo (l’art. 14), si limitava infatti a prevedere un rinvio alla normativa esistente (i.e., al sistema del cod.nav. e del reg.nav.mar.), lasciando infatti inalterate in capo all’Autorità Martittima.

<<le funzioni di polizia e di sicurezza previste dal codice della navigazione e dalle leggi speciali, e le rimanenti funzioni amministrative>>.

 Pertanto, la riforma che aveva interessato l’intero settore portuale italiano, confermava senza esitazioni la competenza dell’autorità marittima ad organizzare, controllare e vigilare i servizi atti a garantire la sicurezza nei porti (e quindi, tra l’altro, sui servizi tecnico-nautici) secondo il modello già previsto nel codice della navigazione e nel relativo regolamento. L’art. 14 della L. n. 84/94, nel suo testo originario, non menzionava neppure i servizi tecnico-nautici. Di essi, peraltro, la normativa di riordino della legislazione portuale si sarebbe occupata nei successivi interventi di modifica interessanti la disposizione in esame. I quali, in effetti, a) hanno confermato la natura dei servizi tecnico-nautici come servizi prestati all’interno in un mercato regolato; b) hanno enfatizzato l’unitarietà e l’omogeneità di questi servizi, provvedendo progressivamente ad uniformare la disciplina relativamente ai profili (peraltro essenziali) contenuti nella L. n. 84/94; c) hanno provveduto a modernizzare la disciplina di cui al cod.nav. ed al reg.nav.mar., inserendo fondamentali profili rispettivamente di co-decisione delle autorità e di partecipazione degli utenti (in particolare a livello di associazioni rappresentative) nelle più importanti problematiche connesse alla natura regolata dei servizi, quali rispettivamente organizzazione e disciplina, da un lato, e tariffe, dall’altro lato; d) hanno espressamente codificato – sulla scorta anche di importanti sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee – la natura di questi servizi come servizi di interesse economico generale. Così con legge n. 647/1996 sono stati inseriti due nuovi commi all’art. 14. segnatamente, l’art. 14, comma 1-bis, ha stabilito che:

<<I criteri ed i meccanismi di formazione delle tariffe dei servizi di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono stabiliti dal Ministero dei Trasporti e della navigazione sulla base di un’istruttoria condotta congiuntamente dal comando generale del Corpo delle capitanerie di porto e delle rappresentanze unitarie delle autorità portuali, dei soggetti erogatori dei servizi e dell’utenza portuale>>.

E l’art. 14, comma 1-ter, preso atto più opportunamente del ruolo svolto dalle Autorità portuali dopo la riforma, ha precisato che:

<<nei porti sede di Autorità portuale la disciplina e l’organizzazione dei servizi di cui al comma 1-bis sono stabilite dall’Autorità marittima d’intesa con l’Autorità portuale. In difetto di intesa provvede il Ministero dei trasporti e della navigazione>>.

Di estremo rilievo è quindi la modifica introdotta con la L. n. 186/2000, intervenuta tra l’altro a seguito di alcune importanti pronunce, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e della Commissione, in tema di normativa italiana sia sulle operazioni portuali che sui servizi tecnico-nautici. Per quanto riguarda questi ultimi, proprio per dar corpo ai principi comunitari espressi in materia la L. n. 186/2000 ha riaffermato che i servizi tecnico-nautici presentano, per la loro natura intrinseca e per le modalità con cui vengono forniti, caratteristiche proprie dei servizi di interesse economico generale di cui all’art. 8 della L. n. 287/90 e all’art. 86.2 CE. Pertanto, da un lato, essi sono sottratti all’applicazione delle regole di concorrenza (sia pur nei limiti consentiti dall’art. 86.2 e dai principi applicativi da questo ricavabili); dall’altro lato, l’erogazione di questi servizi può dipendere da atti autoritativi della Pubblica Amministrazione (segnatamente, l’Autorità marittima), la quale può imporre il servizio agli utenti portuali per esigenze di sicurezza della navigazione e del porto. 
Più precisamente, è stato introdotto un incipit al comma 1-bis dell’art. 14 della L. n. 84/94, come modificato dalla L. n. 186/2000, per stabilire che: 

<<i servizi tecnico-nautici di pilotaggio, rimorchio, ormeggio e battellaggio sono servizi di interesse generale atti a garantire nei porti, ove essi sono istituiti, la sicurezza della navigazione e dell’approdo. Per il pilotaggio l’obbligatorietà è stabilita con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Per gli altri servizi l’Autorità marittima può renderne obbligatorio l’impiego tenuto conto della localizzazione e delle strutture impiegate>>.

Le implicazioni di questa disposizione sono importanti ed evidenti, e sono soprattutto il frutto di progressivi affinamenti riguardo all’applicazione dei principi di libera circolazione dei servizi e di concorrenza in un settore delicato come il nostro. Si osservi che, con riguardo all’obbligatorietà del servizio, il legislatore pare voler ridurre il potere di co-decisione delle Autorità portuali, e la stessa partecipazione dei soggetti interessati deve ritenersi premessa negli ambiti generalmente disposti dai principi sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi. Il che, tra l’altro, coerentemente con la già ricordata scelta di attribuire all’autorità più "terza" rispetto alle esigenze di sicurezza (l’Autorità marittima) la responsabilità decisionale e la competenza prioritaria in materia.

 

*Estratto dal volume "Towline connected - Un servizio in concorrenza per la sicurezza" . Saggio del prof. Francesco Munari Ordinario di diritto dell’Unione Europea Università di Genova


Il quadro normativo riguardante il servizio di rimorchio portuale


Il servizio di rimorchio rientra, come noto, tra i cd. servizi tecnico-nautici previsti e regolati dal codice della navigazione e dalla l. n. 84/1994, insieme con pilotaggio, ormeggio e battellaggio. In particolare, il rimorchio è disciplinato dagli artt. 101-107 cod.nav. e dagli artt. 138 e 139 del reg.nav.mar., nonché dall’art. 14 della l. n. 84/1994, come modificata dalla l. n. 186/2000.
Il servizio in oggetto è costituito dal rimorchio portuale o cd. rimorchio manovra, diverso da servizi di rimorchio d’altura o rimorchio trasporto, che sono liberamente esercitabili da operatori in possesso delle unità all’uopo necessarie. Il rimorchio portuale ha ad oggetto la prestazione di trazione o di ausilio (es. cd. pulling, pushing, l’assistenza alla nave) volti a cooperare, eseguendole ed agevolandole, alle manovre di accosto ed allontanamento dalla banchina delle navi in arrivo ed in partenza dai porti od altri luoghi di approdo. E in realtà, il rimorchio è richiesto dalle navi in arrivo o partenza dai porti proprio perché, dovendo manovrare in spazi ristretti, a stretto contatto con infrastrutture portuali o con altre navi in transito o in sosta, queste ultime, senza l’ausilio dei rimorchiatori, non sono in grado di dirigere e manovrare senza rischiare urti e quindi conseguenti danni a persone e cose, a tacere naturalmente del rischio di bloccare l’intero porto a seguito di incidente. L’essenzialità del rimorchio, quindi, rileva proprio perché esso garantisce l’attracco, la partenza e la manovra delle navi in piena sicurezza nei porti, e costituisce in effetti conditio sine qua non per la stessa agibilità dei medesimi.
Ciò è tanto più vero in condizioni meteomarine avverse; e tuttavia, l’intervento del rimorchiatore si rivela indispensabile anche in condizioni normali per consentire la manovra di molte navi, e in ogni caso perché la semplice presenza in porto e disponibilità 24 ore al giorno in cd. prontezza operativa svolge il ruolo di presidio per la sicurezza dei trasporti.
Ai servizi alle navi come sopra indicati, i concessionari dei servizi di rimorchio aggiungono anche veri e propri obblighi di servizio pubblico in assistenza alle competenti autorità per situazioni di necessità o di emergenza.
Tale obbligo, da un lato, è legislativamente previsto già dall’art. 107 cod.nav., il quale prescrive che il concessionario del servizio di rimorchio è obbligato a mettere i propri rimorchiatori «a disposizione delle Autorità Portuali che lo richiedano per qualsiasi servizio necessario all’ordine e alla sicurezza del porto» (interventi di emergenza, antincendio, antinquinamento). Dall’altro lato, è espressamente confermato dalla l. n. 84/94, il cui art. 14 definisce il servizio di rimorchio quale servizio di interesse generale atto a garantire la sicurezza della navigazione nelle acque portuali.



Le condizioni per l’accesso al mercato del servizio di rimorchio


Per ciò che concerne la procedura di selezione del concessionario erogatore del servizio di interesse generale, la materia ha subito talune interessanti evoluzioni a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 163/2006, i.e. il Codice dei contratti pubblici (CCP), recentemente abrogato dal d.lgs. n. 50/2016 (v. infra).
In precedenza, infatti, la disciplina per l’aggiudicazione e l’eventuale rinnovo delle concessioni di rimorchio portuale era quella ex art. 18 reg.nav.mar., quindi con istanza dell’aspirante concessionario e successiva pubblicazione, funzionale a sollecitare l’invio di opposizioni o istanze concorrenti. Tale modello, comunque conforme coi principi di pubblicità e trasparenza nel frattempo sviluppatisi anche nel nostro ordinamento quale derivazione di omologhi criteri previsti a livello di Unione Europea, è stato normativamente superato dall’entrata in vigore dell’art. 30 CCP, nel quale si prevedono, con pretesa di esclusività, le modalità di aggiudicazione delle concessioni di servizi.
Si badi: è possibile, e forse anzi probabile, che l’art. 30 CCP non sia stato affatto pensato per le concessioni di rimorchio, e che quindi un legislatore più attento alle specificità della materia portuale avrebbe senz’altro potuto mantenere lo schema di cui all’art. 18 reg.nav.mar., codificando magari meglio i requisiti minimi di pubblicità richiesti alla P.A. procedente. Ciò perché, mentre nessuno può più ragionevolmente discutere della perfetta legittimità (e per certi verso anche della superiorità, nella specie) del procedimento a istanza di parte rispetto a una procedura di gara2, da tempo si ritiene invece non più adeguata la semplice pubblicazione presso l’albo del Comune, tanto meno a valle della sopravvenuta soppressione del foglio annunzi legali, richiedendosi forme di pubblicità più coerenti con la funzione di fornire effettiva conoscenza agli interessati dell’esistenza di una possibile opportunità di mercato ovvero e comunque della richiesta di aggiudicazione in via esclusiva e per un certo numero di anni del servizio di rimorchio in un porto. Il che, del resto, è quanto ampiamente avviene nella prassi, dove l’esistenza di procedure ex art. 18 reg.nav.mar. viene normalmente resa nota mediante pubblicazione, oltreché sul sito internet dell’amministrazione procedente, anche in gazzetta ufficiale, italiana e/o europea.
Ciò premesso, alla luce della sopravvenuta normativa del CCP, è da ritenersi ormai preclusa la procedura ex art. 18 reg.nav.mar. per quanto riguarda le concessioni del servizio di cui trattasi3.
L’attuazione dell’art. 30 CCP è avvenuta con specifiche disposizioni amministrative4, tra l’altro in perfetta aderenza alla direttiva europea sulle concessioni, nonché, per quanto si tratti di una disciplina ancora in fieri, col previsto Regolamento europeo sull’accesso al mercato dei servizi portuali.
In particolare, si è articolata una procedura di selezione del concessionario del servizio tale per cui non oltre dodici mesi prima della scadenza della concessione in essere nell’ambito di uno o più porti, l’amministrazione pubblica il bando di gara per la nuova concessione, con forme coerenti con le già rilevate esigenze di pubblicità “sostanziale” accennate in precedenza e per un periodo di tempo limitato e perentorio;  l’Amministrazione verifica la regolarità delle domande pervenute in termini, comunicando agli interessati le eventuali motivazioni ostative alla partecipazione e invitando i concorrenti ammessi alla gara a presentare le offerte; la gara viene aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, seppur attribuendo uno specifico rilievo anche ai miglioramenti qualitativi contenuti nelle varie offerte, secondo criteri invalsi nei cd. beauty contest e in ragione dell’evidente interesse pubblico a che il concessionario possieda adeguati standard qualitativi e operativi, individuati in apposite griglie di comparazione, con i relativi punteggi, da utilizzarsi ad opera delle singole amministrazioni aggiudicatrici; la durata delle concessioni è stabilita di norma in quindici anni, periodo coerente con la tipologia degli investimenti richiesti e con una ragionevole stabilità del rapporto, considerata ancora una volta la necessità del porto di poter disporre sempre del servizio di rimorchio portuale.
Il quadro sopra riportato è tuttavia suscettibile di cambiamenti a breve termine. Il 19 aprile 2016 è infatti entrato in vigore il d. lgs. n. 50/2016, i.e. il nuovo CCP, che ha introdotto una disciplina immediatamente applicabile a tutte le procedure e ai contratti pubblici con riferimento ai quali non siano ancora stati pubblicati i bandi o gli avvisi di gara per la selezione del contraente
(art. 216).
Per quanto qui rileva, il nuovo Codice ha dedicato una parte specifica alle concessioni di lavori pubblici e di servizi (parte III) la cui configurazione, pur riprendendo molti dei principi alla base del “vecchio” CCP, pare lasciare una certa autonomia all’Amministrazione nella scelta della procedura da utilizzare per la scelta del concessionario, ferma la garanzia del perseguimento di elevati livelli di qualità, sicurezza ed accessibilità dei servizi medesimi, nonché dei principi di parità di trattamento e di promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza (cfr. l’art. 166 del nuovo Codice).